Quando la schiava è la vera mistress: racconto intrecciato

Cristina era una di quelle ragazze timide, che a scuola passava sempre in secondo piano rispetto alle altre ragazze, fisicamente più mature, più aperte e sfacciate.
Con gli anni era cambiata, non di aspetto, ma di indole. Infatti manteneva sempre lo stesso stile e le stesse abitudini, vestitini quasi casti, occhiali da vista, poco trucco.
Questo la faceva sentire protetta e sicura, e sapeva che presentandosi così sarebbe passata inosservata, nascondendo quello che aveva dentro.
Così mi era sembrata fino a quel momento.
Era da qualche mese infatti che ci uscivo insieme, io quarantacinque anni portati benissimo, lei venticinque, matura nelle forme ma plasmabile nel carattere.
Durante una cena iniziai a parlarle di alcune pratiche sessuali particolari, di cui lei ne aveva sentito parlare ma che non aveva mai messo in pratica.
Le parlavo di bondage, sadomaso e sottomissione…questi discorsi la eccitavano tantissimo, tanto che mi confidò dopo che le mutandine erano completamente zuppe di succo vaginale e che avrebbe voluto prendere in bocca il mio membro dinanzi a tutto il ristorante…ma si era trattenuta.

Quella sera capii che era il momento di parlarle del rapporto tra master e slave e di mettere in pratica del sano sadomaso…ero sicuro che avrebbe ricoperto perfettamente quel ruolo, e lei era davvero soddisfatta all’idea di voler obbedire a tutti i miei ordini.
La prima cosa che le chiesi per testare la sua fedeltà fu quella di spogliarsi e mettersi a quattro zampe e venire da me che ero seduto sul divano opposto a lei, ordinandole di portarmi un nastro nero con i denti.
Lei obbedì senza fiatare.
Legate le mani, sempre a quattro zampe, iniziai a cavalcarmela con prepotenza nell’ano che le aprii senza pietà. Lei soffriva tanto, ma le ordinai di non fiatare e di trasformare le sue grida di dolore in grida di piacere.

Durante una brave pausa le diedi la possibilità di parlare e sentirsi libera, ma Cristina, con occhi assatanati e niente affatto stanca mi propose di ordinarmi di farsi urinare sul seno.
Stupito da tale richiesta di sottomissione acconsentii, mentre sentivo dentro di me una strana sensazione, sottomissione ma anche orgoglio.
Nella vasca da bagno le urinai sul seno e sulla pancia, lei disobbedendo agli ordini, mi propose di continuare ad urinare anche sul sedere e su ogni parte del corpo, ed io stranamente acconsentii.

Mi eccitava l’idea che una slave, una mia schiava del sesso, mi ordinasse di sottometterla come lei voleva…era davvero una schiava in cerca di master.
Le sessioni così spinte continuarono con una strana voglia e ansia da parte di entrambi di vederci.
Io diventai letteralmente il suo master-schiavo e lei la mia mistress-slave, le parti si invertivano, si mischiavano, si intrecciavano.
Lei non mi ordinava di fare una cosa, me la consigliava…tipo una sera, mentre eravamo in discoteca mi disse che avrebbe voluto provare una doppia penetrazione…io quasi soggiogato da cotanto desiderio di trasgressione le ordinai di scegliersi un qualsiasi ragazzo e invitarlo nella nostra stanza d’albergo.
Cristina, la pura e casta ragazza di periferia, si rivelò una perfetta troia da combattimento. Si fece penetrare in tutti i modi e in tutti i buchi possibili, non solo da me ma anche da un aitante nero che conobbe in discoteca.
Da vera schiava quale era si faceva sottomettere e umiliare in tutti i modi, e noi dovevamo obbedire senza quasi fiatare altrimenti ci avrebbe punito togliendoci il piacere di venirle addosso. Non le bastarono due grossi cazzi, non le bastarono vari tipi di vibratori e oggetti sessuali di ogni grandezza e forma, non le bastò provare qualsiasi tipo di piacere e umiliazione, era davvero troppo anche per me.
Di li a qualche mese mi trasferii per lavoro, ma il ricordo di Cristina rimase sempre vivido, non si dimentica così facilmente una schiava che impone agli altri la sua schiavitù.

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